I LUOGHI DEL TE’

Il tè giapponese non si assapora al bar, seduti a un tavolino nel clamore dei marciapiedi o al banco frastornati da luci e immagini, ma nella stanza della cerimonia: un luogo fisico e spirituale.
In essa infatti sono stati trasfusi gli ideali dell’estetica zen: la ricerca della povertà e semplicità, il rifiuto assoluto dell’ostentazione e degli orpelli che richiamino alla vita di tutti i giorni, la liberazione da affanni e preoccupazioni terrene…tutto quel che permetta di isolarsi temporaneamente dal mondo per entrare in una dimensione estetica di serenità in cui ai pensieri si sostituiscono le emozioni e al giudizio la condivisione…in altre parole il vuoto.
Per ottenere ciò la stanza è praticamente priva di alcun ornamento e contenuto.

Inoltre in quest’ottica fin dall’inizio della sua istituzione tutti coloro che vi entravano erano considerati allo stesso livello: tutti quindi dovevano seguire le stesse regole, abbandonando i panni vestiti nel mondo. Basti pensare al “nijiriguchi”, la piccola e assai bassa porta d’ingresso alla stanza: chi entrava, anche la persona più importante, doveva inchinarsi. Pure i samurai dovettero farlo, deponendo le altrimenti inseparabili spade, prima di abbassarsi.

La stanza da tè sorge all’interno di un meraviglioso giardino. E’ il giardino del tè, chiamato poeticamente “Roji” (“sentiero rugiadoso”): esso è costituito da un sentiero di pietre naturali o levigate affiancato da sempreverdi, bambù, arbusti da fiore e rocce. Nel Roji, di origine cinquecentesca, strutture di utilità pratica divennero nel tempo elementi d’arredo tipici di ogni giardino giapponese: i bacili scavati nella roccia per sciacquarsi le mani e la bocca, le tipiche lanterne in pietra, pozzi o pagode. Progressivamente la casa del tè assunse l’aspetto di un eremo sperduto tra le montagne, immerso nella vegetazione dall’apparenza volutamente spontanea che ne caratterizzerà lo spirito fino ai giorni moderni.
L’unica dimensione che si confà allo spirito zen è dunque quella della natura che viene accolta con tutti i suoi profumi, suoni e colori ed entra in armonia con la sala ed i presenti. E’ la natura che viene imitata e trasformata, conservandone gli aspetti più essenziali, per la costruzione della stanza. Il legno utilizzato varia a seconda del livello di formalità: legno di cipresso più importante; di pino, sandalo, gelso e acero semi-formale; cedro, castagno o bamboo nelle stanze più semplici. A volte viene utilizzato anche legno proveniente da antichi edifici.
La stanza, detta “chashitsu”, ha pareti grezze e, per dimensioni e semplicità, contrasta spesso con il resto della casa, che può costituire una unità separata o adiacente. Al suo interno può avere pochi tatami (le spesse stuoie incassate in una base di legno sulle quali è d’obbligo camminare senza scarpe) ma in generale ha quattro tatami e un mezzo tatami al centro, dove viene posta la teiera. Può comprendere un ripostiglio per gli utensili e una stanzetta d’attesa.

Da un lato della sala c’è il “tokonoma”, una piccola nicchia in cui è appeso uno scritto eseguito da un calligrafo esperto di “shodo”. Ad un altro lato è posto il “toko-bashira”, una colonna in legno appena sgrossato cui è appeso un vasetto in cui qualche fiore di stagione viene disposto secondo l’arte del “chabana”. Quest’arte così speciale crea composizioni che attirano tutta l’attenzione degli astanti sulla bellezza essenziale della composizione: un ulteriore richiamo simbolico alla semplicità e alla perfezione della natura che si amplifica gustando l’inimitabile bevanda!

Lo splendore del meriggio illumina i bambù, le sorgenti gorgogliano lietamente, e nella nostra teiera risuona il mormorio dei pini.
Kakuzo Okakura

Federica Cecconi

I MILLE GUSTI DEL TE’

Dalle foglie del tè si ricava una bevanda ottima e ricchissima: molti sono i benefici che apporta, molte le varietà della sua pianta ed i tipi di tè che se ne traggono.
Al tè si riconoscono infatti proprietà toniche, dimagranti, antiossidanti e diuretiche; esso fornisce fluoro all’organismo ed ha azioni positive sull’apparato cardiovascolare.
I monaci buddhisti erano a conoscenza del grande valore di questa bevanda (si narra che fu il monaco Dengyo Daishi a portare il tè in Giappone) e preparavano infusi con foglie di tè per favorire la concentrazione durante le ore di meditazione. Alla sua pianta si attribuivano già nel IX secolo importanti proprietà terapeutiche quali quella di offrire sollievo alla fatica, allietare l’animo, rafforzare la volontà e guarire problemi di vista. Talvolta le sue foglie venivano somministrate per uso esterno, sotto forma di impacchi, per alleviare i dolori di origine reumatica.
Un elisir di lunga vita insomma. Soprattutto in Giappone, dove viene coltivato solo tè verde (varietà particolarmente ricca di principi attivi) e dove (maggiormente nelle zone di Uji, Shizuoka, Kagoshima, Nara, Fukuoka, Saitama, Nishio) è possibile ammirarne le coltivazioni organizzate in filari di cespugli disposti uno vicino all’altro a formare lunghe e suggestive onde verdi.

Il tè verde ha generalmente un sapore erbaceo che si abbina bene a molti cibi (verdure, cibi salati leggeri, cibi piccanti, formaggi saporiti, grano saraceno, pesce e ovviamente riso) ma esistono molteplici qualità di tè verde: dal più comune Bancha (infuso giallo limpido dal basso contenuto di teina, ottimo puro con dolci alle mandorle o a base di cioccolato) al raffinato Gyokuro (giallo chiaro, poco tanninico, ideale con pesce crudo e crostacei), dal leggero Hojicha (bruno perché ottenuto da foglie tostate, dal delicato sapore di noci) al Kokeicha, allo Yanagicha, al Kukicha e Tamaryokucha…fino all’antico Matcha e al famoso Sencha, che dà il nome a un fondamentale metodo di preparazione del tè.
Queste ultime due qualità di tè verde sono ricche di storia.
Il tè Matcha fa parte dei cosiddetti “tè d’ombra”, ovvero quei tè che i coltivatori giapponesi coltivano nell’oscurità (metodo ‘kabuse’): le foglie vengono essiccate e poi schiacciate con uno stampo di pietra fino a ridurle in una polvere finissima. Il tè Matcha è il tè utilizzato nella Cerimonia del Tè (Cha no yu): nella cerimonia del tè denso (“koicha”) viene utilizzato un tè proveniente dalle foglie più giovani delle piante di tè più vecchie della piantagione, mentre nella cerimonia del tè leggero (“usucha”) viene utilizzato un tè proveniente dalle foglie più vecchie delle piante più giovani, risultando al gusto leggermente più amaro del tè denso. La polvere per il tè denso può essere usata per preparare il tè leggero ma non viceversa. Per il tè leggero viene usata in proporzione il doppio dell’acqua utilizzata per la preparazione del tè denso, che risulta quindi più pastoso.

Il tè Sencha è invece il tè più prodotto e consumato in Giappone, con 3-4 raccolti l’anno principalmente in estate. Le sue foglie, dal colore verde brillante, subiscono una particolare lavorazione a vapore che ne stabilizza aroma, colore e contenuto chimico e ne evita l’ossidazione. Una volta asciugate e pressate le foglie vengono arrotolate e assumono la caratteristica forma di aghi sottili. Il tè offre un colore limpido e chiaro; l’aroma è fresco e pungente, il gusto è deciso e dolce. E’ un tè da gustare in ogni momento, anche come digestivo, poiché contiene poca teina: è ottimo con piatti a base di pesce, sushi, sashimi ma anche con dolci contenenti amido di riso e fagioli atzuki o preparazioni salate a base di alghe e salsa di soia.
Per preparare il tè secondo il metodo Sencha (alternativa meno formale alla Cerimonia del tè introdotta nel XVIII secolo) si usano un bollitore in ghisa, una teiera solitamente con manico (“Arare”) e tazze senza manico. La preparazione prevede varie fasi:

  • Si porta ad ebollizione l’acqua.
  • Si versa l’acqua nella teiera e si attende per una trentina di secondi.
  • Si distribuisce l’acqua nelle tazze mentre si getta la rimanenza.
  • Si mettono le foglie di tè nella teiera e si riempie la teiera con la stessa acqua delle tazze precedentemente riempite.
  • Si pone sulla teiera l’apposito coperchio e si lascia riposare l’infuso per 4 minuti.
  • Si dispongono le tazze una vicina all’altra.
  • Trascorso il tempo indicato, si prende la teiera (tenendo fermo il coperchio con il pollice) e si versa in ciascuna tazza un dito di liquido facendo piu’ giri di riempimento per consentire a tutti di avere la stessa concentrazione di infuso.

Con le stesse foglie è possibile ottenere una seconda infusione.
Ancora oggi possiamo rivivere il rito del tè con il Matcha o pasteggiare con il Sencha …ma vale la pena gustare ognuna delle tantissime varietà di questa bevanda che nascono da una prodigiosa fogliolina!

Federica Cecconi